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[:it]damageLa Suprema Corte di Cassazione, con sentenza n°20024/16, si è pronunciata su un’ingente richiesta di risarcimento presentata dai proprietari di un immobile, adibito a scuola, locato originariamente al Comune di Frattamaggiore, nel cui contratto era stato successivamente subentrata la Provincia di Napoli.

La vicenda trae origine del ricorso per cassazione presentato dagli stessi proprietari avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli, con cui i giudici partenopei avevano condannato la provincia di Napoli ad un importo notevolmente inferiore a quello richiesto, dichiarando inammissibile “…la domanda degli eredi (OMISSIS) contro il Comune di Frattamaggiore, sul rilievo che l’estensione della domanda del (OMISSIS) nei confronti del Comune, formulata all’udienza di conclusioni da’ primo grado, era tardiva” e condannando il Comune a rimborsare alla conduttrice cessionaria il 50% di quanto questa avesse dovuto pagare.

La Corte, investita della questione, chiarisce il seguente principio, già espresso con sentenza del 1 giugno 2004, n°10485: “in materia di risarcimento del danno arrecato alla cosa locata, in caso di cessione del contratto di locazione, ferma la responsabilità solidale del conduttore cedente e del cessionario nei confronti del locatore, nell’ambito dei rapporti interni tra i vari conduttori, il debito va ripartito secondo il criterio dell’imputabilità, salvo che per i deterioramenti per i quali non sia possibile accertare a quale dei debitori solidali siano imputabili; in tal caso le parti del debito solidale si presumono uguali tra i conduttori”. Cass. Sentenza n. 10485 del 01/06/2004”.

Gli ermellini, poi, richiamando una sua successiva sentenza, n°9846 del 2007, con la quale era stata chiarita la natura non già solidale, bensì sussidiaria, della responsabilità del cedente, “…una volta che il locatore si sia inutilmente rivolto al cessionario inadempiente”, affermano che l’accertata natura sussidiaria della suddetta responsabilità non incide sulla valenza del“… principio secondo il quale, in caso di cessione del contratto di locazione ai sensi della L. n. 392 del 1978, articolo 36, nei confronti del locatore che non abbia liberato il cedente, anche quest’ultimo risponde dell’inadempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto, salvo il beneficium ordinis nel senso chiarito da Cass. n. 9486 del 2007”.

La Suprema Corte, applicando detti principi al caso concreto, non avemte ad oggetto problematiche relative al beneficium ordinis, rigetta il ricorso ritenendo incensurabile l’operato dei giudici partenopei, i quali avevano correttamente applicato il principio di imputabilità al fine di ripartire la responsabilità per danni tra conduttore cedente e cessionario.[:]

[:it]Un istruttore di volo, poco più che trentenne,  è stato investito e letteralmente schiacciato da un veicolo industriale a seguito di una manovra imprudente, subendo lesioni personali gravissime, con conseguenti invalidità permanenti.

Il giovane ha quindi convenuto  in giudizio la società proprietaria del veicolo e la compagnia assicuratrice per ottenere un  equo risarcimento,

I giudici di primo e secondo grado, pur affermando la totale responsabilità del conducente, calcolavano una somma ritenuta dal ricorrente insufficiente al completo ristoro dei danni da lui patiti.

L’uomo è quindi ricorso per Cassazione lamentando che il mancato riconoscimento del danno esistenziale e l’inadeguata liquidazione del danno morale erano dovuti ad una mera valutazione tabellare del danno biologico e non quindi come autonomamente rilevante.

La Terza Sezione della Corte di Cassazione con sentenza 22 settembre 2015, n. 18611 ha accolto il ricorso con rinvio affermando che i giudici di merito, negando la dovuta valutazione autonoma del danno morale rispetto al danno biologico, avevano sottovalutato “le componenti fisiche, psichiche e spirituali del dolore umano” che meriterebbero una considerazione distinta e ulteriore rispetto al mero calcolo tabellare. Ha aggiunto la Cassazione che “la personalizzazione non deve essere  pro quota, ma ad personam”.

E ciò in quanto i danni esistenziale e morale, inevitabilmente caratterizzati dalle più diverse e singolari sfaccettature immateriali, non possono essere valutati sulla base di meri calcoli empirici e tabellari, ma necessitano di una stima caso per caso e autonoma rispetto al danno biologico.

La Corte Suprema, nell’affrontare la problematica, ha evidenziato il calibro costituzionale delle dinamiche inter-relazionali e di vita partecipativa, descritte dall’articolo 3 della Costituzione

Ad avviso dei giudici di legittimità, dette dinamiche erano venute meno nel giovane a causa delle lesioni subite e detta perdita ha integrato la definizione che le Sezioni Unite hanno fornito in passato di danno esistenziale, comportando  un’ “ingiustizia costituzionalmente qualificata”.

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