Cass. 21 settembre 2017 n. 21939 – sui limiti posti dalla Cassazione ai risarcimenti del danno personalizzati

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Il Tribunale aveva riconosciuto la concorrente responsabilità tra un’auto e un ciclomotore (per quel che concerne la responsabilità del sinistro avvenuto), aveva provveduto a liquidare il risarcimento al conducente del ciclomotore nonché alla coniuge dello stesso in una misura ritenuta, dai danneggiati, insufficiente.

Accogliendo l’impugnativa dei danneggiati la Corte di Appello rideterminava in aumento gli importi.

Tale decisione veniva erronea dalla compagnia assicurativa dell’auto, che dunque proponeva ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, i primi due aventi ad oggetto la eccessiva personalizzazione del danno al conducente, e gli ultimi due  relativi invece alla liquidazione del danno subito dal coniuge mediante l’utilizzo (seppur con riduzione percentuale) della tabella predisposta dal Tribunale di Roma per la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale per morte del congiunto.

La terza sezione della Corte di Cassazione, con sentenza 21 settembre 2017 n. 21939, ha accolto il primo motivo di ricorso.

Ad avviso della sentenza di legittimità le tabelle di risarcimento possono essere utilizzate per la riparazione delle conseguenze ordinarie, cioè inerenti ai pregiudizi che qualunque vittima di lesioni analoghe normalmente subirebbe. Il giudice, quindi, può stabilire un importo superiore a quella previsto dalle consuete tabelle solo se precisa le peculiarità del caso in esame, che sono solo quelle legate all’«irripetibile singolarità dell’esperienza di vita individuale».

Per tali ragioni è stata cassata con rinvio una sentenza della Corte d’appello di Roma che aveva incrementato gli importi liquidati dal primo giudice in favore di un motociclista e di sua moglie, riconoscendo poste aggiuntive.

La Terza Sezione ha ricordato che la categoria del danno non patrimoniale presenta una natura composita, dal momento che si suddivide in una serie di voci (o aspetti), la cui funzione è meramente descrittiva, quali: a) il danno morale; b) il danno biologico; c) il danno esistenziale. Da un lato occorre tener presenti tali diverse voci in sede di liquidazione (onde rispettare il principio dell’integralità del risarcimento) ma, dall’altro lato, bisogna rispettare il carattere unitario della liquidazione (che deve ritenersi violato quando lo stesso aspetto venga computato più volte sulla base di diverse denominazioni, solo formali).

Nella liquidazione del danno da parte del giudice vanno quindi distinte due fasi: la prima identifica le conseguenze ordinarie che subirebbe normalmente qualsiasi vittima di analoghe lesioni; la seconda individua le eventuali conseguenze peculiari, ovvero quelle che non sono necessariamente sempre presenti, ma che si sono verificate nello specifico caso.

Se le prime vanno necessariamente liquidate con criterio uniforme (con conseguente utilizzo delle tabelle), le seconde necessitano invece di un criterio ad hoc, senza l’utilizzo di alcun automatismo.

Nel caso in esame la Corte d’Appello aveva fatto ricorso all’apprezzamento di circostanze solo apparentemente personalizzanti, laddove ciascuna delle voci richiamate nella sentenza appellata (quali: “aiuto di terzi”, “patemi”, iter clinico”, eccetera) avrebbe potuto riferirsi a qualunque altro soggetto che fosse incorso nelle medesime conseguenze lesive del conducente. Ha quindi errato la Corte d’appello perchè si è «erroneamente diffusa all’apprezzamento di circostanze solo asseritamente personalizzanti», senza «opportuna articolazione analitica» che valorizzasse i «profili di concreta riferibilità e inerenza alla personale, specifica e irripetibile, esperienza di vita» del danneggiato.

Detta esperienza è caratterizzata «da aspetti legati alle dinamiche emotive della vita interiore o all’uso del corpo e alla valorizzazione dei relativi aspetti funzionali, di per sé tali da presentare obiettivi e riconoscibili ragioni di apprezzamento (…), meritevoli di tradursi in una differente (…) considerazione in termini monetari rispetto a quanto suole compiersi in assenza di dette peculiarità». Pertanto, in mancanza di tali specifiche circostanze, riconoscere ulteriori poste risarcitorie farebbe inevitabilmente col ricadere in una duplicazione di voci di danno.

Il che non ammissibile, considerato che «ciascuna delle conseguenze ordinariamente secondarie a quel tipo di lesioni (di quella specifica entità e riferite ad un soggetto di quella specifica età anagrafica) devono presumersi come già per intero ricomprese nella liquidazione del danno alla persona operata attraverso il meccanismo c.d., tabellare».

Una personalizzazione solo formale equivale, infatti, a una duplicazione.[:]

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